Robbie Williams – Let me entertain you tour (2015)

Robbie Williams Tour

Martedì sera in quel di Capannelle, che ospita ormai le manifestazioni del “Rock in Roma” da sette anni, si è svolta una delle tappe del “Let Me Entertain You Tour 2015” di Robbie Williams.

L’evento non era da poco, Robbie non aveva mai tenuto un concerto così “giù”, qui a Roma, e la sottoscritta aspettava il momento di assistere a un live del genere da dodici anni (abbiamo avuto tutti sedici anni, non devo stare a spiegarvi come ci si sente di fronte al proprio cantante preferito, no?).

Lo spettacolo non ha assolutamente deluso. Prima di tutto l’acustica: nonostante fossimo nello spazio all’aperto antistante l’ippodromo vero e proprio, le casse rimandavano il suono in modo pulito e piacevole, senza bassi che scartano orribilmente e ti graffiano i timpani (e, vista l’afa, che la qualità del suono fosse davvero buona non era scontato). L’organizzazione, poi, ha avuto la felice pensata di ricoprire il “prato” di fronte al palco di tappetini di gomma, risparmiando a tutto il pubblico di passare la serata a calciare terra addosso ai vicini, nel tentativo di saltellare a ritmo con la musica.

Di Robbie Williams si possono dire tante cose, nel bene e nel male, ma quello che più mi sento di affermare, dopo un concerto del genere, è che ci troviamo di fronte a un formidabile intrattenitore, che forse è un po’ l’ingrediente segreto che spiega il suo longevo successo come solista, nonostante tutti gli scivoloni, gli sregolatissimi anni Novanta (che il nostro ha tenuto a ricordare al suo pubblico) e qualche album non sempre azzeccatissimo (ma è Robbie Williams e gli si perdonano anche i temporanei cali di ispirazione).

Il concerto comincia subito in grande spolvero, con il grande schermo che rimanda in successione le parole: «Are you ready? Then let me entertain you» (sì, Robbie apre prevedibilmente il suo concerto con uno dei suoi cavalli di battaglia e d’altronde il tour non prende il nome dall’omonima canzone per caso) e coinvolge immediatamente il suo pubblico in un coro scatenato. Ed è un po’ questo che Robbie Williams farà tutta la serata: giocare col pubblico.

È un gran piacione ma è una caratteristica tutt’altro che negativa per chi fa spettacoli dal vivo. Ben lontano dagli eccessi solipsistici di quegli artisti che odiano talmente tanto il successo da storpiare le loro stesse canzoni durante un live, pur di impedire al pubblico di cantarle, Robbie non vede l’ora che il suo pubblico canti con, per e al posto suo. Arringa la folla, infarcisce i suoi discorsi di qualche parola in italiano (dal classicissimo “ti amo Italia” allo storpiato “Ciampioni del mondo”); si esalta, quando accenna il “borombombo” che fa da ritornello a “The Road to Mandalay” e, meravigliosamente, tutto il pubblico gli risponde con un’unica voce. E lì giù di lodi sperticate al pubblico italiano: «Sono stato in Belgio la settimana scorsa» esclama in inglese «ma quando ho accennato il ritornello, nessuno ha risposto». L’Ade di “Hercules” avrebbe aggiunto: «Ma era un pubblico o un mosaico?».

Fa l’irriverente, perché la fama da cattivo ragazzo non se la scrollerà mai di dosso, quando avvisa il pubblico che ha bisogno di un cambio tattico di vestiti, slacciandosi i pantaloni mentre è ancora sul palco. Sì, da sotto indossava un paio di slip neri con una tigre disegnata sopra. E, sì, è tornato a cantare indossando una gonna nera che arrivava al ginocchio per tutta la seconda parte del concerto.

A parte questa breve interruzione, Robbie non si ferma mai, si concede giusto il tempo di bere da una bottiglia d’acqua fra un assolo di chitarra e l’altro, ed è accompagnato da tre deliziose coriste che non sono lì sul palco soltanto a far scena – e lo dimostrano soprattutto quando si alternano nella parte femminile di “Kids”, che in “Sing when you’re inning” era stata cantata da Kylie Minogue.

Robbie Williams tira fuori tutto il meglio del suo repertorio, le canzoni che hanno fatto storia, da “Rock DJ” a “Supreme” a “She’s the one”, con qualche incursione nello swing dell’ultimo album di cover con “Minnie The Moocher” (e tutto il pubblico da lui sapientemente ammaestrato a rispondere a tono alle varie intonazioni della famosissima canzone) e su “Candy”, brano durante il quale fa addirittura salire una fan sul palco e balla e canta con lei. E con le fan non si risparmia mai, naturalmente: ci tiene a ricordare che è un uomo impegnato e con due splendidi figli, ma ha sempre tempo per scendere giù dal palco e inoltrarsi vicino alle transenne per autografare cartelloni, stringere mani e lasciare baci.

Il delirio collettivo cresce fino a diventare un coro interminabile di cinque minuti quando Robbie – che non disdegna di intervallare le sue canzoni con medley di altri brani molto famosi della storia del rock, come “I love rock and roll” e “We will rock you” – decide di fare un omaggio a Freddie Mercury e fa partire, alle sue spalle, il video e la musica di “Bohemian Rhapsody”. È una pura esplosione di gioia collettiva e, se pure Robbie stona un po’ sulle parti cantate, quasi non ci si fa caso, perché tutto il pubblico è lì a stonare ed emozionarsi con lui.

Pare quasi di essere seduti al bar con uno dei cantanti inglesi più famosi del mondo, migliaia di persone attorno a un unico tavolo, a sentirlo chiacchierare amabilmente mentre racconta delle sue ben note vicissitudini durante gli anni Novanta. «Ho lasciato i Take That, mi sono drogato, sono diventato grasso, poi sono andato in rehab e ne sono uscito magro. Ma poi sono ingrassato di nuovo!» dice, scherzando senza farsi troppi problemi, sui momenti più difficili e sregolati della sua vita. Improvvisa un coro con i suoi musicisti, cantando al pubblico la prima canzone che suo padre gli ha insegnato – la prima canzone che lui ha imparato a cantare – insomma, è irrefrenabile, fino alla fine.

Ed è sul finale che regala al pubblico la sua canzone più famosa, “Angel”, quella che lo ha reso “milionario” (ed è anche oggetto di una lunga controversia sulla reale proprietà intellettuale del brano). Dopodiché, però, non lascia il palco semplicemente con un saluto ma gira il gobbo e fa cantare al pubblico insieme a lui “I did it my way” di Frank Sinatra. È un arrivederci malinconico, dopo un’ora e mezza trascorsa senza riprendere mai fiato una volta sola, ma anche lì il pubblico resta protagonista insieme a lui: prima di uscire, Robbie accenna per un’ultima volta il ritornello di “Angels” ed è così che lascia il palco, mentre alle sue spalle si solleva un coro compatto e frastornato di “she won’t forsake me, I’m loving angels instead”.

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