Les Revenants

Sono una ferma sostenitrice dell’idea che di una serie televisiva bisognerebbe guardare solo una o al massimo due puntate al giorno, per godersi la storia ma anche perché non è che si abbia tutto ‘sto tempo libero per spararsi otto-dieci puntate in una volta sola.

Ebbene, come sempre nel mio caso:

Problematic Bird 46

Ieri avevo molto tempo libero e “Les Revenants” su Sky On Demand. È finita che mi sono sparata tutta la serie – esclusa la prima puntata, che avevo visto in precedenza – in un pomeriggio solo.

Cosa mi è rimasto, più di ogni altra cosa, al termine della visione? Un’angoscia tremenda.

Non fraintendetemi: per una serie che è un concentrato di thriller e sovrannaturale è una reazione più che positiva. Se poi suddetta serie resta in sospeso, per una volta con un’evoluzione di trama e un finale di stagione che giustificano il prosieguo, che ci si senta angosciati a trovarsi con mille domande in testa senza ottenere molte risposte, allora vuol dire che regista e sceneggiatori hanno fatto centro.

“Les Revenants” è una serie francese (ci sarebbe anche un remake americano che ha avuto poca fortuna ed è stato cancellato dopo la prima stagione), ambientata in una cittadine francese in mezzo alle Alpi costruita a ridosso di una diga (che le fornisce anche energia elettrica). È un setting azzeccato, perché nonostante il cielo azzurro e le verdi vallate, i luoghi in cui i protagonisti si muovono sono a dir poco inquietanti. C’è qualcosa di angoscioso nel sole splendente che illumina una città dall’aspetto quasi spettrale, dove accadono i più efferati delitti, robe che manco a Caracas.

Sarà perché si tratta di un telefilm francese ma non solo la qualità della recitazione è alta, anche l’introspezione è davvero potente. Posto che il tema dominante della serie – a proposito, è tratta da un omonimo film del 2004 – è il ritorno dei morti dall’aldilà in circostanze misteriose, questi zombie molto poco convenzionali spaventano, sì, ma non tanto per la loro presenza anomala, quanto per le emozioni violente e contrastanti che suscitano nei loro cari, in chi stava ancora provando a farsi una ragione della loro scomparsa improvvisa.

Ci sono delle motivazioni dietro il ritorno dei Redivivi (i Les Revenants del titolo), che non starò qui a spoilerarvi, perché non è che sapere come vada a finire vi rovini il telefilm ma ammazza un bel pezzo di quella tensione che rende tutta la visione ancora più succosa. E poi quello della prima stagione è un finale sospeso, come dicevo su, ergo molte cose non sono ancora state spiegate – e per questo sto recuperando di corsa anche la seconda stagione, vi pare.

Ciò che mi ha più colpito è la facilità con cui gli episodi scorrevano via davanti agli occhi, come acqua fresca, e al termine di ognuno non c’era noia ma solo tanta voglia di raccapezzarsi con il mistero dei Redivivi e pure di capire se andrà tutto bene, se qualcun altro morirà, che cosa c’è dietro l’innalzamento del livello dell’acqua del lago artificiale, che sta minacciando di inondare tutta la città.

E nonostante ciò si tratta di una storia molto disturbante. Un po’ per certi temi che tratta: il suicidio, la depressione, la presenza di un maniaco omicida che accoltella le donne per poi divorare pezzi del loro stomaco. Nessun dettaglio eccessivamente esplicito ma le scene erano da agghiacciare il sangue nelle vene e io che empatizzo troppo mi sono trovata parecchie volte a fermare la registrazione o abbassare il volume o girare la faccia. Ammetto di essere una cagasotto e odiare gli splatter ma vi fa anche capire quanto mi abbia preso questo telefilm, al punto da ignorarne persino i lati più disgustosi – almeno per me – pur di andare avanti col racconto.

Il parterre di personaggi coinvolti è ampio, trattasi pur sempre di storia corale, tutti contraddittori e spaesati quanto noi. Non ci sono eroi qui in mezzo, ognuno ha le sue piccole manie, i suoi scheletri nell’armadio, fa scelte contrastanti che potrebbero mettere a repentaglio la propria vita e quella degli altri. Niente eroi della prima ora, niente “dobbiamo salvare il mondo dalla minaccia degli zombie cattivi”, da profana del genere posso affermare che trovo molto più disturbanti questi morti dall’aspetto così umano che ritornano a funestare le vite di chi li ha amati piuttosto che gli zombie classici, quelli che perdono pezzi e camminano come lobotomizzati.

Credo che ciò che renda “Les Revenants” così angosciante sia la generale sensazione di impotenza che coinvolge tutti, vivi e morti, di fronte a un evento innaturale che non sanno spiegarsi e che pure non crea solo problemi al mondo intorno a loro ma soprattutto a se stessi, rimettendoli di fronte a vecchi fantasmi, spezzando equilibri faticosamente raggiunti, mettendo a nudo il lato più vulnerabile della natura umana, quello che di fronte alla sola idea di morte tentenna e si arresta, paralizzato dalla paura.

Oh, e poi le musiche. Di “Les Revenants” non si può tacere la colonna sonora. Contribuisce meravigliosamente a rendere il tutto ancora più angosciante (e dalle, avrò ripetuto venti volte di seguito questa parola), è un piacere e un terrore per i timpani da cercare e scaricare a parte, anche senza guardare le scene, tanto è suggestiva e particolare.

Di scene disturbanti, come ho già sottolineato sopra, ce ne sono a iosa e l’atmosfera generale è tutt’altro che tranquilla quindi se siete deboli (di cuore e di stomaco) siete stati preavvertiti, non voglio sentire lamentele. Però merita, dannazione se merita.

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