Si perdona tutto a un film con Tom Hardy

Legend - Locandina

Due cose mi avevano attirato di questo film, quando avevo visto la prima volta il trailer al cinema: Tom Hardy che interpretava entrambi i gemelli Kray (e io nella mia immane deficienza avevo preso la ripetizione del suo nome come un errore, prima di accorgermi che i due personaggi erano interpretati dallo stesso attore…) e un furgone che arrivava a tutta birra sfondando la vetrina di un pub.

Devo dire che la scena col furgone mi ha fatto effettivamente ridere ma soprattutto che Tom Hardy non mi ha deluso per niente, anzi. Non esagero se dico che è stato la colonna portante di un film che si inserisce in quella che sembra essere una lunga agiografia di questi due gemelli “leggendari” nella storia inglese degli ultimi sessant’anni. Non è il primo film in merito alla vita travagliata dei gemelli Kray, è l’adattamento di una biografia curata da John Pearson quando Reginald e Ronald Kray erano ancora in attesa di vedersi comminare la pena definitiva, è una produzione inglese e questo forse spiega anche la sottile aura di mito che, nonostante tutto, circonda le vicende di questi due pericolosi gangster.

E andiamo a incominciare con la recensione.

[ATTENZIONE, QUI GLI SPOILER CI SONO A FROTTE]

Due gemelli violenti e una donna troppo fragile

La prospettiva da cui è narrato il film è quella di Frances Shea, la prima moglie di Reginald – quello “sano” dei due fratelli. Già dalle prime parole con cui la sua voce introduce il film si intuisce la direzione che prenderà: centrali, più dei molteplici e sporchi misfatti di Reggie e Ron, saranno le vicende sentimentali del primo. Centrale sarà lo sguardo di Frances, prima distorto dall’amore cieco per un uomo a cui si appoggia disperatamente in cerca di un affetto che ridia senso a un’esistenza fragile e vuota, un affetto che si trasforma in cupa disperazione quando tutta la realtà di ciò che Reggie fa e del livello a cui è disposto a scendere per salvare suo fratello le si palesa completamente davanti agli occhi.

Nella realtà storica, Frances conosce Reggie a sedici anni – troppo pochi per avere abbastanza lucidità da capire che quello che sembra un sogno d’amore è una condanna a vita – e per quanto di Reggie stesso si sottolinei il fascino e una capacità sicuramente maggiore rispetto al suo gemello di intrattenere pubbliche relazioni con i malavitosi ma anche i ricchi e annoiati clienti dei suoi locali notturni, quel che risalta, sia dalle testimonianze storiche sia dal film, è che la violenza è il linguaggio prediletto di Reginald Kray e, a differenza di suo fratello che almeno può invocare una parziale infermità mentale, lui la esercita in maniera molto lucida e istintiva assieme, come se neanche concepisse di rapportarsi al mondo in maniera differente.

Certo è che i due gemelli Kray sono megalomani, inseguiti da un detective di Scotland Yard che sembra un novello Zenigata, integerrimo come da copione in un film di gangster può esserlo solo la nemesi del malavitoso, che lo insegue a dispetto di un intero sistema di poteri forti che cerca di mantenere tutto adeguatamente sepolto, perché le proprie connivenze non vengano a galla.

Nel mezzo ci sono risse massacranti a colpi di martello e tirapugni, furgoni che sfondano vetrine, usurai che si occupano del “business di famiglia”, una Londra sotto scacco per cui la politica vuole e può far poco, perché c’è più di un Lord implicato in orge omosessuali a casa di Ron, che delle sue inclinazioni non fa mistero nemmeno con i potenti mafiosi americani che vanno fino a Londra ad assicurarsi la protezione dei gemelli sui casinò da impiantare oltreoceano. C’è una madre compiacente che finge di non sapere ma si assicura che i suoi figli siano sempre uniti nel misfatto, una Frances sempre più fragile e umiliata e poi lo shock, il suicidio che lascerà Reggie con mille sensi di colpa, la schizofrenia di Ron ormai preda delle sue paranoie al punto da uccidere a sangue freddo un membro della gang rivale che lo aveva insultato e da commissionare l’omicidio – andato a vuoto – di Leslie Payne, l’usuraio di fiducia che si rivolterà come una serpe in seno e comincerà a fare nomi, offrendo al detective Leonard “Nipper” Read l’opportunità di incriminare entrambi i fratelli per due omicidi distintie farli sbattere in galera per più di trent’anni.

Ma tutto questo, la parabola discendente, la galera, lo sapremo prima dei titoli di coda da una piccola didascalia che riassumerà un po’ il seguito della vicenda. Il film si ferma prima, a un Reggie ripreso nella sua casa mentre, ormai rassegnato, aspetta che la polizia vada a prenderlo – segnato per sempre dalla morte della mai abbastanza amata Frances.

Una storia a metà

“Legend” non è un film impeccabile. Ci sono gli erroracci, ci sono i buchi di trama, c’è la velleità di voler raccontare tanto ma poi ripiegare troppo tardi su situazioni circoscritte, ci sono gli intenti del regista – di volersi concentrare sul rapporto fra i due gemelli – che un po’ falliscono e un po’ vengono lasciati in sospeso. È un film che mi ha soddisfatto solo a metà e voglio prima parlare di quello che non mi è piaciuto.

Prima di tutto il ritmo: lento, molto lento, in alcune parti – e soprattutto all’inizio – l’irrequietezza ti prende perché il quadro resta poco chiaro, le facezie sono tante ma la narrazione procede a passo di lumaca. Poi la storia: per essere un film biografico, di leggenda e caricatura c’è tanto, a tratti troppo, ed è un peccato, perché per perdersi in frasi ad effetto, per concentrarsi sulla prospettiva di Frances (che pure aggiunge un tocco lirico e profondamente malinconico al film), si lascia fuori molto della vita dei due gemelli. Di materiale a cui attingere ce n’è tanto, a leggere la Wikipedia, perché pare che i Kray non si siano fatti mancare niente neanche in prigione, fra risse violente e traffici diretti persino da dietro le sbarre.

Il film offre così una visione troppo parziale della loro vita e si sfiora più volte il rischio di mitizzare questi due gemelli, che agli inglesi devono piacere tanto, a giudicare dal fatto che non è il primo film sulla loro vita, che addirittura ai tempi si fecero petizioni per scarcerarli, e che erano ammanicati non solo con politici di spicco ma anche con celebrità che cantarono nei loro locali (tipo Frank Sinatra, che era comunque già noto di suo per certe simpatie poco pulite).

Poi però arriva Tom Hardy. Ecco, il peccato più grande di questo film è non aver impiegato Tom Hardy abbastanza bene, perché è meraviglioso nell’interpretare questi due gemelli così simili eppure così diversi, nel litigare con se stesso in botte furiose, nel mostrarsi prima come il fratello sicuro di sé, fascinoso, che ha tutto sotto controllo, e poi nel calarsi nella parte del gemello bolso e schizofrenico, pieno di manie, che sbotta «Preferisco gli uomini» quando Angelo Bruno gli offre la compagnia di belle donne italiane alla fine di un accordo importante con la mafia americana, il tutto restando serissimo, con la voce nasale e costipata di un uomo che ha un rapporto difficilissimo e al contempo strettissimo con suo fratello gemello, che non sopporta di condividere con nessuno, neppure con Frances – a cui pure professerà la sua stima, un attimo prima che la ragazza lasci per sempre Reggie.

Senza Tom Hardy e senza certi guizzi nel caratterizzare Ron e Reggie e i loro scagnozzi, probabilmente non avrei trovato questo film gradevole quanto l’ho trovato. Lo consiglio? Sì, perché è comunque un affresco storico – per quanto impreciso – di un certo periodo della Londra degli anni Cinquanta e Sessanta che non studi a scuola e che può sempre spingerti ad approfondire la conoscenza del sottobosco di criminalità e povertà che era all’epoca l’East End. Sì, soprattutto perché gli attori sono all’altezza, perché anche Emily Browning offre una buona prova di sé, perché c’è Christopher Eccleston che interpreta il detective Read e perché Tom Hardy è semplicemente uno spettacolo.

A questo punto resta la curiosità di scavare più a fondo nella vita debosciata dei gemelli Kray, e soprattutto resta da chiedersi perché i registi non sanno mai dare un dannato finale decente ai loro film, invece di queste cesure così nette e improvvise che ti lasciano a dir poco insoddisfatto.

2 commenti su “Legend (2015)

  1. Anche a me non ha fatto impazzire.

    Oltre Tom Hardy e la colonna sonora (sopratutto quella iniziale) salverei di questo film. Emily poteva far di più nella sua parte, poco convincente.

    Il mio voto è un 5/10

    1. Sì, infatti, un particolare che mi ero scordata di citare era proprio la colonna sonora – che ho davvero apprezzato moltissimo.

      È stata davvero un’occasione persa, questo film. A giudicare sulla quantità di materiale a disposizione a proposito dei gemelli Kray e anche del tenore della biografia di Pearson (che pare abbia recensioni molto positive), c’era di che farne ben più che un solo film, anche una bella miniserie fatta bene. La cosa che più mi ha infastidito è stata la generale sciattezza del tutto e certi momenti un po’ stucchevoli che hanno contribuito a rovinare l’atmosfera.

      Davvero un peccato e vista la bella interpretazione diTom Hardy, si meritava sicuramente una sceneggiatura di ben altro livello.

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