Conan, ragazzo del futuro (1978) + Gravity Falls (2012-2015)

Due generazioni di ragazzi avventurosi a confronto

Durante la lunga estate di questo anno infinito sono inciampata (di proposito) in due serie che, pur molto diverse per storia, produzione e stile di animazione, hanno più di un punto in comune e sono entrambe capaci di portare un pezzettino d’estate nelle tenebre di questa stagione invernale molto uggiosa.

Si tratta di due storie che hanno per protagoniste due coppie di ragazzini – Conan e Lana in Conan, ragazzo del futuro e Dipper e Mabel in Gravity Falls – che in entrambi i casi devono misurarsi con la fine del mondo (già avvenuta in un caso; da scongiurare nel secondo). In entrambi i casi c’è una generazione precedente di “grandi vecchi”, che devono fare i conti con gli errori commessi nel loro passato e aiutare i giovani eredi a non soccombere sotto gli effetti collaterali di quegli stessi errori.

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E poi sono due storie guidate da una narrazione fortemente emozionale, ambientate in mondi soleggiati, dove contemporaneamente si accostano panorami rigogliosi e antri cupi e inquietanti. Questi panorami fanno da sfondo al viaggio – metaforico e fisico – dei protagonisti verso una meta, che in qualche modo è il ritorno a casa ma fatto dopo essere cresciuti ed essere diventati più consapevoli e aver trovato degli alleati per affrontare il mondo e le sue sfide.

Conan, ragazzo del futuro e Gravity Falls sono due opere prime per i loro autori; fino a quel momento Hayao Miyazaki aveva lavorato sotto la direzione dell’amico Isao Takahata, mentre Alex Hirsch si è ritenuto fortunato a essere uscito dalla CAL Arts e aver visto un suo progetto accettato nientemeno che dalla Disney.

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Sono anche due opere sulla cui evoluzione ha fortemente pesato la committenza. Miyazaki ha potuto permettersi di stravolgere la trama del soggetto originale da cui Conan è tratto (The Incredible Tide di Alexander Key) e persino di ritardare la messa in onda di alcuni episodi, purché l’animazione e lo svolgersi della storia incontrassero i suoi alti standard produttivi, grazie a una certa libertà lavorativa che la NHK gli aveva concesso. Alex Hirsch ha sottolineato più di una volta come per ogni episodio andato in onda ci fossero alle spalle decine di proposte rigettate, battute censurato o modificate, un tiro alla fune costante fra la casa madre e le idee della squadra creativa.

Anche portare a termine la storia di Dipper e Mabel senza cedere alla tentazione di infiniti episodi filler per accontentare la fame dei fan a fronte di ascolti da record non è stato semplice. Eppure, come Conan è sopravvissuto a una produzione accidentata e a un pubblico inizialmente indifferente, portando avanti una storia che resta coerente con se stessa fino alla fine; così Gravity Falls è riuscito a resistere ai tentativi della Disney di annacquare uno dei suoi pochi prodotti davvero originali dell’ultimo decennio.

La vita reale come inesauribile fonte d’ispirazione

Sono entrambe storie che attingono molto al vissuto dei loro creatori, per quanto in modi diversi. Miyazaki ha consapevolmente stravolto la storia di Alexander Key per ambientare la sua serie in un mondo incontaminato e florido, dove la natura ha ripreso piede dopo che il genere umano si è quasi auto-annullato nell’infuriare di una guerra apocalittica. I cieli azzurri, le vaste distese di mare cristallino, le isole rigogliose di prati verdissimi e foreste selvagge sono uno standard a cui il cinema di Miyazaki ci ha abituato da tempo ma qui fanno il loro primo debutto – insieme alla passione del Maestro per gli aeromobili che solcano i cieli sconfinati e si tuffano fra nuvole soffici e bianche come spruzzi di panna. E poi ci sono Conan e Lana, due ragazzini giovani e pieni di vita, portatori di un’energia positiva, della voglia di superare ogni difficoltà, riparare torti e anche farsi amici nel corso delle loro avventure.

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In Conan c’è molto della passione ecologista del Maestro, del suo impegno politico degli anni Sessanta e Settanta e anche della sua etica professionale di intrattenitore, che crea storie per tutti ma prima di tutto per i bambini. Per loro si sforza di ideare trame che possano divertirli, emozionarli e lasciare dietro di sé impressioni positive e un messaggio di speranza verso il futuro.

Dall’altro lato la geniale e irrefrenabile vena di allegra follia che attraversa Gravity Falls dalla prima all’ultima puntata è il risultato di un mix fra ricordi passati e desideri impossibili, fra le memorie delle lunghe estati trascorse da Alex Hirsch e sua sorella in vacanza dai nonni e la voglia di riempire quelle giornate noiosamente lunghe di emozionanti avventure popolate di mostri e misteri da risolvere.

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Anche l’ambientazione di Gravity Falls è ricca di una natura verdissima e rigogliosa, quella dei boschi dell’Oregon, in cui si trova l’omonima città dove i gemelli Mabel e Dipper vanno a trascorrere l’estate – con annesso laghetto con cascate e capanno immerso nella foresta, dove il prozio Stan abita e tiene i suoi “tour del Mistero”.

La natura di Gravity Falls è pure lei selvaggia e solo all’apparenza addomesticata. Ogni tronco e ogni sasso possono nascondere una fata o uno gnomo pronti a sconvolgere la vita dei due gemelli. Mentre alcune di queste creature fantastiche possono sembrare persino comiche, altre sono ben più inquietanti – non fatevi ingannare dal simpatico triangolino giallo con un occhio solo, Bill Cypher è un vero demonio.

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E se pure Dipper e Mabel non sono legati da un sentimento amoroso, sono una coppia di fratelli davvero uniti, che si vogliono bene e si supportano a vicenda, dimostrando un affiatamento che raramente viene associato a un fratello e una sorella negli show televisivi. Crescono assieme, Dipper e Mabel, senza che questa avventura verso l’età adulta li faccia finire divisi. Anzi, semmai “uniti si vince e divisi si perde” è un motto che Gravity Falls fa suo con onestà, distante dalla narrazione ipocrita di un certo filone supereroistico molto sfruttato dalla Disney.

I nipoti erediteranno le colpe dei nonni. O forse no?

Sia Conan sia Gravity Falls condividono figure di “grandi vecchi”, che sono un punto di riferimento per i nipoti ma le cui colpe ricadono sulle generazioni più giovani, per quanto con un peso diverso. E qui si intravede una differenza – che ha a che fare con la personalità dei due autori ma anche con le rispettive culture d’appartenenza e con il periodo storico in cui hanno diretto la loro serie.

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Sia il dottor Rao, nonno di Lana e brillante scienziato, sia Stanley Pines, prozio di Dipper e Mabel e truffatore con una lunga carriera alle spalle, hanno commesso errori nell’arroganza della loro gioventù. E le ricadute di quegli errori hanno danneggiato familiari e discendenti in senso lato. In entrambi i casi la colpa non è singola ma condivisa – con gli altri scienziati, nel caso di Rao; con una persona molto vicina al prozio Stan, ma qui ci fermiamo per evitare troppi spoiler.

Sia il dottor Rao sia il prozio Stan dovranno sacrificare qualcosa di molto importante per risolvere i problemi che hanno più o meno volontariamente creato. Mentre Alex Hirsch crede in una redenzione – anche dato il tono più fantastico e familiare del racconto – Hayao Miyazaki è netto nella sua condanna delle generazioni precedenti, soprattutto quando i loro più illustri rappresentanti hanno condannato a morte quasi certa l’umanità intera.

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In Conan come in Gravity Falls lo spettatore si trova di fronte a un interessante cast di personaggi secondari, che evolvono e cambiano mano a mano che accompagnano i protagonisti nel loro viaggio.

E a questo punto vale la pena citare l’apparato grafico, che in entrambe le serie è importante per definire non solo ambientazioni ma anche i personaggi. In Conan c’è già tutto Miyazaki in nuce, dalla predilezione per i movimenti obliqui dei personaggi – che sfrutta tutte le potenzialità del mezzo animato a fronte di un budget limitato – alla capacità di rendere leggero e incantevole il volo degli aeromobili che solcano i cieli vividamente azzurri di questa Terra post-apocalittica.

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E se i sotterranei della terribile Indastria ricordano quelli della città di Metropolis, anch’essi popolati da masse di disperati lavoratori ridotti in schiavitù; High Harbor, coi suoi pascoli verdi e i suoi villaggi mitteleuropei, ricorda panorami già visti in Heidi (non per niente Miyazaki affidò la regia delle puntate in cui appare l’isola verde all’amico Takahata).

Dall’altro lato il tratto fortemente caricaturale – ma mai brutto e sciatto per il gusto di esserlo – di Gravity Falls serve a identificare al primo colpo d’occhio i personaggi e anche a rendere evidente il loro ruolo nella storia. Valga per tutti proprio l’esempio di Dipper e Mabel: sono piccoli e tondi pur essendo dodicenni, a marcare il fatto che non hanno ancora effettuato quel salto oltre il confine che separa l’infanzia dall’età adulta. Eppure l’aspetto esteriore non si fa mai stereotipo in Gravity Falls, neanche quando sono gli altri a cercare di affibbiare ruoli ai personaggi stessi. Soos non è la parodia di un ragazzo grasso e stupido; il vecchio Mc Gucket è molto più che un semplice “vecchio pazzo”; Wendy non esiste soltanto per essere la frizzante cotta di Dipper. Ognuno ha una sua storia alle spalle e un motivo per comportarsi in un certo modo.

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Sia Conan sia Gravity Falls sono serie che affrontano e raccontano il cambiamento dei personaggi; in cui ogni avvenimento incide sui rapporti interpersonali, sull’ambiente circostante, sulle consapevolezze dei protagonisti, perché sono due serie pensate per finire e non per andare avanti a oltranza, fino a spegnersi per noia e auto-consunzione.

E al finale arrivano tramite due ritmi narrativi molto diversi – un po’ a causa della loro storia produttiva, un po’ in virtù della storia che raccontano. Conan è letteralmente un flusso ininterrotto di vicende, in cui il racconto non riprende mai fiato fino all’ultimo episodio. Più che una serie, sembra una sorta di film diviso in ventisei parti, un elaborato e tragico arazzo che ricorda il modo in cui è narrato il fumetto di Nausicäa, che non tiene conto dei limiti imposti dalla pubblicazione a puntate. Gravity Falls è il racconto di un’estate, dove ogni episodio è un giorno diverso di nuove avventure ma nessuno è un filler auto-conclusivo, quanto piuttosto un’occasione di approfondire questo o quel personaggio e di elaborare e far crescere amicizie, senza mai lasciare che i protagonisti restino uguali a se stessi alla fine della puntata.

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Conan e Gravity Falls sono due serie animate che meritano attenzione, non solo per la loro indubbia qualità e per aver fatto la storia di questo medium, ma anche perché sanno intrattenere ed emozionare con onestà e semplicità.

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