La guerra di Discovery all’animazione

Immaginate di lavorare per cinque (5) anni alla creazione di cento (100) episodi di uno show animato, di svegliarvi una mattina e scoprire tramite social e siti web del settore che il vostro datore di lavoro ha deciso di cancellare suddetto show senza nemmeno mandarlo in onda, che non riceverete tutti i pagamenti previsti e che anni di sudore e rinunce e talento verranno buttati nella spazzatura, perché un nuovo CEO ha piani grandiosi e rispettare il tuo lavoro non rientra fra questi.

È quello che è accaduto a Julia Pott, creatrice di Summer Camp Island. E non solo a lei. Ebbene sì, perché il 19 agosto Warner Bros. Discovery (WBD) ha sganciato senza preavviso (o quasi, ma ci torneremo) una bomba non da poco: 37 titoli ─ di cui 25 show animati originali creati per la piattaforma ─ sarebbero stati rimossi dal servizio di streaming di HBO Max. Destino? Sconosciuto. C’è chi parla della possibilità che vengano dati in licenza ad altre piattaforme. Per ora l’unica cosa chiara è che un professionista che decidesse di lavorare per WBD si ritroverebbe a tu per tu con un committente decisamente inaffidabile.

«Cartoon Network ha rimosso molti video relativi a #InfinityTrain dal suo canale YouTube, incluso il pilot» twittava Cartoon Crave il 18 agosto (ovvero ore prima dell’annuncio “ufficiale” di questa strage). Culture Crave, sempre su Twitter, ha invece riportato la testimonianza di Bilall Fallah, regista dell’altrettanto cancellato Batgirl, che ha cercato di salvare il film ma ha scoperto che dai server ogni sua traccia era stata cancellata completamente.

Perché, come anticipavo più sopra, serpeggiava fra gli addetti ai lavori il timore che questo festival del ghigliottinamento selvaggio, in grado di rivaleggiare con il Regime del Terrore francese, fosse imminente. Il 4 agosto WBD aveva presentato i risultati dei suoi guadagni nel secondo quadrimestre del 2022. In quell’occasione aveva annunciato la cancellazione di Batgirl, di Scoob! Holiday Haunt e della terza stagione di Little Ellen. Il pretesto ufficiale era stato quello di risparmiare: in pratica si mandano al macero anni di lavoro dei dipendenti per racimolare qualche milioncino, sfruttando una scappatoia che permette di ottenere una deduzione fiscale sui progetti non terminati e ritirati nel corso di una fusione fra aziende.

Anche il taglio di tutti questi show e la loro completa sparizione da HBO Max (se verrà richiesto da WBD, dovranno sparire anche dalle altre piattaforme su cui sono ospitati) ha motivazioni economiche. Quando l’anno scorso AT&T ha autorizzato lo scorporamento di Warner Media e la sua fusione con Discovery, all’allora CEO del gigante dei reality, David Zaslav, è stata affidata la gestione di WBD non appena la fusione fosse stata completata. Anche all’epoca la transizione era avvenuta con qualche segreta coltellata alle spalle ─ ci era andato di mezzo Jason Kilar, che era rimasto CEO di Warner Media solo per un anno, prima di essere estromesso a sua insaputa.

David Zaslav ha ereditato un’azienda con fortissime perdite e ha promesso che avrebbe recuperato 3 miliardi di dollari da diversi tagli che avrebbe operato durante il riassetto di WBD post-fusione. Le cattive scelte dei capi in anni e anni di pessima gestione sono ricadute ancora una volta sulle spalle dei dipendenti ─ giusto il 15 agosto 70 dipendenti di HBO Max erano stati licenziati, per lo più provenienti dall’area dedicata agli show “senza copione”, il tentativo di WB di aprirsi al mondo del reality prima della fusione con Discovery. Una divisione “concorrente” che andava eliminata, come prevedibile.

Non è la prima volta che una fusione genera questi squilibri e non è solo un problema di WBD. Nel febbraio del 2021 Disney, dopo essersi pappata 20th Century Fox, aveva sbrigativamente chiuso i Blue Sky Studios (quelli de L’Era Glaciale) perché: “Il COVID”. Di mezzo ci era finito un altro film sulla via del completamento, Nimona di Noelle Stevenson, poi recuperato da Netflix. Appena qualche settimana fa, in un altro ambito che ha sempre a che fare con la fiction, le storie e le vite degli scrittori, si parlava dei danni che provocherebbe agli autori e alla loro possibilità di pubblicare la fusione fra due giganti del mercato librario statunitense, Penguin Random House e Simon&Schuster.

Owen Dennis, in un post sul suo Substack, ha affermato a riguardo: «Il problema che abbiamo ora è che la nostra arte più conosciuta è, per la maggior parte, posseduta da circa cinque, gigantesche multinazionali. Questo significa che possiedono anche la nostra cultura. Se tu possiedi la nostra cultura, allora possiedi anche la nostra storia e il nostro accesso ad essa. Una manciata di aziende ha il diritto di possederla, e addirittura mantenere il monopolio che hanno su di essa in questo momento? Non penso proprio».

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Infinity Train (2019-2021), uno degli show falciati via dallo zelo risparmiatore di David Zaslav

Quello che sta accadendo ora nel mondo dell’intrattenimento (ed è un problema che interessa anche il mondo dei videogiochi) è proprio questo: una concentrazione sempre più esasperata nelle mani di pochissimi di risorse immense; la possibilità di influenzare il mercato da soli o come membri di un oligopolio che diventa un cartello, dove mutuamente si accetta di non pestarsi troppo i piedi a vicenda, mentre consumatori e dipendenti devono subire scelte di CEO, che spesso non conoscono neanche gli ambiti su cui stanno intervenendo.

Il 4 agosto è emerso chiaramente un fatto dalle parole di David Zaslav: è interesse di WBD creare un’unica piattaforma di streaming entro il 2023 che riunisca l’offerta di Discovery+ e HBO Max. I target di interesse? Il pubblico maschile adulto per le produzioni HBO Max e il pubblico femminile adulto per le produzioni Discovery (perché agli uomini interessano le storie di avventura e alle donne i reality show; io vengo da Venere, lui viene da Marte; bla bla bla, il sessismo è la ciliegina sulla torta di questo disastro). I bambini non rientrano in questi piani. Quindi via Sesame Street Show e simili. Neanche l’animazione rientra nei piani, perché ovviamente può essere solo per bambini, e perché probabilmente Zaslav si sta preparando per tempo all’ecatombe demografica eliminando gli under 18 dal suo orizzonte di business.

Ma perché cancellare gli show previsti per la piattaforma o già presenti su di essa, invece di conservarli? Perché conservarli costa, non solo in termini di spazio occupato, ma anche di ricerca dei titoli sulla piattaforma. Zaslav è in fase di decluttering (perdonalo, Marie Kondo, perché egli ci sottrae tutto ciò che ci dà gioia) e, per citare le sue stesse parole: «Possedere i contenuti che davvero sono in sintonia con le persone è più importante che avere semplicemente un sacco di contenuti». Che tradotto è significato: cancelliamo il lavoro di migliaia di persone e preoccupiamoci anche di eliminarne ogni traccia visibile, come se non fosse mai esistito. Una mossa che ha consentito a Zaslav di risparmiare diverse decine di milioni, anche perché gli permette di non versare i pagamenti residuali (“residuals” in inglese) per quegli show non più in onda a tutte le persone che ci hanno lavorato sopra – pagamenti che finiscono nelle loro assicurazioni sanitarie e potete tutti immaginare che differenza faccia in un Paese come gli USA.

Benvenuti nell’era dello streaming, dove i contenuti, esclusivamente digitalizzati, sono concentrati nelle mani di pochi player, che possono decidere in qualsiasi momento di cancellarli dalla faccia della Terra. Quelli che li hanno creati e quelli che hanno pagato per visionarli non hanno voce in capitolo. Lo sottolinea più volte Owen Dennis nel suo post su Substack, quando afferma che in questo caso ricorrere alla pirateria non è solo legale: è l’unico mezzo per conservare traccia di quei prodotti di intrattenimento, di quelle storie su cui tanti talenti hanno lavorato, l’unico modo di re-impossessarci di qualcosa che i detentori di quell’IP hanno deciso di buttare nel cestino, per ospitare solo un ristretto numero di contenuti sulle proprie piattaforme.

In pericolo non è solo l’animazione, che resta insieme al fumetto l’arte più bistrattata di sempre. In pericolo è l’arte, tutta. In pericolo sono, ancora e sempre, i diritti dei lavoratori di essere rispettati e di non veder sacrificato il proprio lavoro, la propria salute, la propria sicurezza e la propria dignità sull’altare delle fusioni matte e totalizzanti di qualche CEO che deve fare margini, margini, margini – e chissenefrega di tutte le vite che vengono stritolate da questi ingranaggi diabolici. Ci si sta organizzando. Appena il luglio scorso The Animation Guild, IATSE local 839 (il sindacato degli artisti, sceneggiatori e tecnici dell’animazione) ha firmato uno storico accordo con la Alliance of Motion Picture and Television Producers. Sempre più lavoratori del mondo dello spettacolo, dell’animazione, del videogioco, del fumetto, di tutto ciò che è intrattenimento e arte, si stanno organizzando. Ma siamo soltanto agli inizi.

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David Zaslav, 61, CEO di Warner Bros Discovery e campione dell’asfaltamento triplo carpiato degli show animati

Per ora siamo ancora alla mercé di un mercato dello streaming che mostra segni di crisi, proprio perché si sta polverizzando in decine di offerte economicamente insostenibili, mentre sputare fuori a ritmo sostenuto contenuti sempre nuovi ma di mediocre fattura è diventato il segno di un’epoca in cui – esteticamente, stilisticamente, tecnicamente – tutti gli show e i film finiscono per assomigliarsi e sovrapporsi. Tutto ciò che devia dai piani di produttori e investitori – tutto ciò che “potenzialmente” potrebbe non essere un “successo spettacolare” – merita solo un rapido oblio.

Non è certamente questo il futuro che vogliamo. Né per l’animazione, né per il mondo dell’arte – che non può essere solo “commerciale” e non può sacrificare ogni guizzo creativo per cercare ogni volta di acchiappare un pubblico il più ampio possibile.

Intanto il prezzo delle azioni di WBD continua a crollare. Siamo così sicuri che la strategia di Zaslav si rivelerà vincente nel prossimo futuro? Ho motivo di dubitare – e di sperare che Infinity Train e gli altri show ghigliottinati in malo modo trovino una nuova casa. E soprattutto che questi episodi smettano di essere la normalità nel mondo dell’intrattenimento. Statunitense e non solo.

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