Si tratta di due storie che hanno per protagoniste due coppie di ragazzini – Conan e Lana in Conan, ragazzo del futuro e Dipper e Mabel in Gravity Falls – che in entrambi i casi devono misurarsi con la fine del mondo (già avvenuta in un caso; da scongiurare nel secondo). In entrambi i casi c’è una generazione precedente di “grandi vecchi”, che devono fare i conti con gli errori commessi nel loro passato e aiutare i giovani eredi a non soccombere sotto gli effetti collaterali di quegli stessi errori.

E poi sono due storie guidate da una narrazione fortemente emozionale, ambientate in mondi soleggiati, dove contemporaneamente si accostano panorami rigogliosi e antri cupi e inquietanti. Questi panorami fanno da sfondo al viaggio – metaforico e fisico – dei protagonisti verso una meta, che in qualche modo è il ritorno a casa ma fatto dopo essere cresciuti ed essere diventati più consapevoli e aver trovato degli alleati per affrontare il mondo e le sue sfide.

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“Brisby e il segreto di NIMH”, tuttavia, non è una sceneggiatura originale ma l’adattamento di un libro di favole di Robert C. O’ Brien: “Mrs Frisby and the rats of NIMH” – ispirato alla storia vera degli esperimenti condotti da John B. Calhoun su topi e ratti al National Institute of Mental Health, negli Stati Uniti. Don Bluth ne ha preso gli aspetti salienti ma ha ristrutturato la caratterizzazione di molti personaggi, a partire dalla protagonista, resa responsabile in prima persona del suo destino, invece che passiva damigella in difficoltà alla ricerca di aiuto.

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Quel progetto era in lavorazione dal 1968 e nel frattempo aveva cambiato trama, animatori, titolo, mentre rimaneva costante l’incrollabile perfezionismo di Richard Williams, che voleva realizzare un prodotto dall’animazione fluida e curatissima, dove nulla fosse lasciato al caso, nulla fosse arrangiato alla bell’e meglio, foss’anche solo per rispettare i tempi di consegna e non sforare dal budget imposto.

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