Satoshi Kon era uno di quei registi che sapevano davvero raccontare i sogni. Il suo modo di cucire assieme sequenze apparentemente insensate di eventi, ricche di suggestioni, panorami assurdi e visioni orrorifiche, per poi sovrapporle allo scorrere solo apparentemente logico dei fatti reali non era solo non scontato. Era vero, perché chiunque sogni sa che nel mondo onirico i rapporti di causa-effetto si spezzano e le immagini, i suoni, le sensazioni e le paure fluiscono a briglia sciolta.
Paranoia Agent non fa eccezione a questa regola.