In A Lonely Place è, insomma, tante cose, tutte assieme, e come pochi altri film che sfuggono a una singola etichetta, fa il suo lavoro in maniera impeccabile e soprattutto radiografando i sentimenti umani in modo così dolente, da lasciare un segno nello spettatore, al punto che persino riguardandolo nel 2020 c’è da trattenere il fiato per l’angoscia e riflettere sui rapporti fra uomini e donne nel 1950.

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“Zootropolis” aveva invece tutte le carte in regola per potermi stupire positivamente. Animali antropomorfi, una realtà alternativa, una trama da noir che faceva intravedere quel famoso “doppio livello d’interpretazione” che rende certi film apparentemente per tutti ma sotto sotto per adulti, perché solo se hai una certa età capisci gli ammiccamenti e soprattutto alcuni dei messaggi più sottili della storia.

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