Mese: Marzo 2016

Al di là di tutto ciò che di bene e di male si può dire di Batman V Superman una cosa è già chiara in partenza: le botte vere, gli scontri epocali fra due istanze insanabili, che spesso hanno più torto che ragione e si muovono su presupposti fallaci in partenza, non li vedi nel film.

No.

Li vedi sul web, nel fandom, fra i fan inferociti come se gli avessero rapito la mamma e picchiato l’animale da compagnia, come se Zack Snyder in persona fosse andato a casa loro e avesse cominciato a rompergli tutte le cassettine dei Pokémon.

L’ondata di isteria collettiva che ha diviso e sta dividendo critica e pubblico fra i frettolosi «non l’ho visto ma già so che è una merda» e i pretestuosi «capolavoro finale» ha un demerito fra tutti: quello di aver impedito qualsiasi critica costruttiva sul genere supereroistico al cinema, affrettandosi a sollevare muri in un senso o nell’altro, come da un po’ accade per l’uscita di queste grosse produzioni.

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Mario Adinolfi ha detto che “Kung-Fu Panda 3” non va visto, perché propugna le tesi dell’ideologia gender. Al di là del fatto che l’idelogia gender non esiste e chi usa questa locuzione non sa neanche l’inglese, il nostro Marione nazionale ha ben pensato di uniformarsi a un costume molto diffuso in un certo ambito ignorante – del web ma anche dell’era pre-web, abbassate i vostri martelli luddisti – cioè giudicare un film senza nemmeno averlo visto.

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Devo dire che la scena col furgone mi ha fatto effettivamente ridere ma soprattutto che Tom Hardy non mi ha deluso per niente, anzi. Non esagero se dico che è stato la colonna portante di un film che si inserisce in quella che sembra essere una lunga agiografia di questi due gemelli “leggendari” nella storia inglese degli ultimi sessant’anni. Non è il primo film in merito alla vita travagliata dei gemelli Kray, è l’adattamento di una biografia curata da John Pearson quando Reginald e Ronald Kray erano ancora in attesa di vedersi comminare la pena definitiva, è una produzione inglese e questo forse spiega anche la sottile aura di mito che, nonostante tutto, circonda le vicende di questi due pericolosi gangster.

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Enzo Ceccotti è un ladruncolo, che abita in un appartamento scalcagnato in un brutto palazzone a Tor Bella Monaca, campa di rapine, vive solo e soprattutto isolato da tutti, in uno stato di abbrutimento in cui tutta la sua vita ruota solo attorno ai vasetti di yogurt e ai dvd porno – che consuma in entrambi i casi in modo compulsivo. Enzo non tiene a nient’altro che a se stesso e vive sprofondato in quello stato di apatia tipico di chi non vede alcuna via d’uscita a una situazione di profonda disperazione.

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“Zootropolis” aveva invece tutte le carte in regola per potermi stupire positivamente. Animali antropomorfi, una realtà alternativa, una trama da noir che faceva intravedere quel famoso “doppio livello d’interpretazione” che rende certi film apparentemente per tutti ma sotto sotto per adulti, perché solo se hai una certa età capisci gli ammiccamenti e soprattutto alcuni dei messaggi più sottili della storia.

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