Botte da orbi, sì, ma nel fandom

Batman V Superman - Locandina

Al di là di tutto ciò che di bene e di male si può dire di Batman V Superman una cosa è già chiara in partenza: le botte vere, gli scontri epocali fra due istanze insanabili, che spesso hanno più torto che ragione e si muovono su presupposti fallaci in partenza, non li vedi nel film.

No.

Li vedi sul web, nel fandom, fra i fan inferociti come se gli avessero rapito la mamma e picchiato l’animale da compagnia, come se Zack Snyder in persona fosse andato a casa loro e avesse cominciato a rompergli tutte le cassettine dei Pokémon.

L’ondata di isteria collettiva che ha diviso e sta dividendo critica e pubblico fra i frettolosi «non l’ho visto ma già so che è una merda» e i pretestuosi «capolavoro finale» ha un demerito fra tutti: quello di aver impedito qualsiasi critica costruttiva sul genere supereroistico al cinema, affrettandosi a sollevare muri in un senso o nell’altro, come da un po’ accade per l’uscita di queste grosse produzioni.

Alla fine della fiera al cinema si va prevenuti: o lo si odia per partito preso o lo si ama per spirito di contraddizione, più che alla visione di un film sembra di assistere a un assunzione di responsabilità politica, neanche ci si debba dividere fra favorevoli e contrari all’entrata in guerra.

Sono tempi duri per i supereroi ma ancora più duri per gli spettatori in sala.

Su gli elmetti che andiamo a incominciare con la recensione (a proposito, per questa volta vi grazio: è spoiler-free, perché Zack Snyder ha pregato di non fare grossi spoiler e nel mio piccolo lo accontento, visto che questo film va gustato meglio non sapendo a priori certi risvolti di trama).

La trama in breve

Il film comincia dalla prospettiva di Bruce Wayne (che è voce narrante e sguardo privilegiato di tutto l’intreccio, in un certo senso), dalla sua partecipazione agli eventi che hanno portato alla semi-distruzione di Metropolis durante la battaglia fra Superman e il generale Zod. Partecipazione secondaria, visto che il Pipistrello può fare ben poco, a parte guardare buona parte degli impiegati di un suo grattacielo nella città morire fra le macerie causate dall’immensa distruzione che circonda e segue la lotta serrata.

È da lì che comincia tutto, dall’impotenza di un Batman ormai invecchiato, cinico e stancato da una vita a rincorrere criminali, che di fronte a due specie di semidei non può fare altro che sentirsi molto, troppo umano, e neanche i più ingegnosi congegni bastano a colmare le distanze.

Passano i mesi e, dall’altro lato, assistiamo alla fortunosa intervista di Lois Lane a un gruppo di ribelli nel deserto africano, accusati di terrorismo, complicata dall’intervento di alcuni mercenari che, dopo aver fatto ricadere su di lei l’accusa di essere un’infiltrata della CIA, sterminano i membri della resistenza e scappano, in tempo perché arrivi Superman e liberi la sua fidanzata dalla minaccia incombente.

Rabbia ed esaltazione (sembra di stare nel fandom) sono i sentimenti attraversano la popolazione di Metropolis, che a seconda del proprio ruolo – salvata dal supereroe o vittima dei terribili contraccolpi del suo scontro con Zod – guarda alla figura dell’alieno di Kripton con un misto di reverenza e adorazione da un lato e terrore e odio dall’altro. Anche il governo degli Stati Uniti si interroga, anche se in modi molto meno filosofici, sulla persona di Superman e soprattutto sul modo di “contenerlo”, per evitare che sfugga a un controllo già impossibile da esercitare, e finisca per rivoltarsi alla razza umana, distruggendola.

E qui casca Lex Luthor, giovane, volubile e dal vestiario rubato direttamente a un armadio del Joker, pronto a offrire i servigi della sua azienda per la creazione di un’arma di contenimento basata sull’importazione del minerale contenuto nella macchina di terraformazione distrutta, nientemeno che la famigerata kriptonite, unico elemento nell’universo in grado di indebolire Superman abbastanza da renderlo vulnerabile. In cambio, prevedibilmente, pretende qualcosa, il nostro supercattivo: qualcosa che ha a che fare con la tecnologia della nave aliena di Kripton e con il cadavere del generale Zod.

Ma Lex sembra avere le mani in pasta in parecchi affari differenti – tutti in qualche modo connessi alla comparsa dell’alieno supereroe sulla Terra – a giudicare dal fatto che la bella Diana Prince presenzia al party da lui indetto nella sede della sua azienda per una raccolta fondi, pronta a rubare dalle mani di Bruce Wayne il congegno con cui ha hackerato i server del giovane magnate per ricavarne le informazioni che servono a rintracciare il misterioso “Portoghese Bianco”.

E se la situazione vi sembra già complicata di suo, non sapete ancora che ha intenzione di combinare Lex, una volta messe le mani sull’astronave kriptoniana…

Supereroi troppo umani con sfondo di decadenza andante

C’è un problema strutturale in Batman V Superman, un problema che in realtà è diventato la malerba di tutti i film di supereroi del momento e che attiene alla necessità – anche per sostenere gli alti costi di produzione e sfruttare al massimo il fenomeno – di creare in un film che di per sé dovrebbe essere uno stand-alone, le premesse per tutti gli altri episodi dell’immensa saga cinematografica che sia la Marvel sia la Dc Comics hanno deciso di portare avanti.

Ed ecco quindi che il film si fa quasi episodio delle riviste di carta, ormai ben incastrate nel meccanismo della serialità ininterrotta, ecco che nel troppo striminzito spazio offerto da una pellicola, che non può arrivare alle tre ore e magari anche sforarle, si cerca di inserire un quantitativo spropositato di sotto-trame, per allettare lo spettatore e convincerlo a ritornare in sala. Così il rischio avverato è però soltanto quello di confondere, di distrarre dal tema principale – che in questo caso è possente e richiederebbe tutte le energie della sceneggiatura concentrate solo nello svolgerlo ampiamente – di creare un ritmo serrato, a volte troppo serrato, da lasciare senza fiato per i troppi fili d’intreccio aperti e non adeguatamente sviluppati, per una disorganicità che in più di un punto lascia pieni di punti interrogativi, anche se si riesce a mantenere l’attenzione alta.

Ecco così che certe situazioni vengono compresse, nel modo sbagliato, e può apparire qualche brutto scivolone (che però non rovina la visione né il procedere degli eventi, non quando lo si ricolloca nell’onda di tutti gli eventi che lo hanno preceduto); soprattutto ecco che il focus della narrazione si distrae da temi importanti, che questo film tocca, a volte con superficialità, a volte invece tirando fuori riflessioni più che interessanti nello spettatore.

Il problema è che un film non è una rivista di fumetti. Il problema è che un film non uscirà con cadenza mensile, non sarà fruito nel chiuso di una stanza in singolo, non sarà progettato per essere una storia di più ampio respiro da consumare in uscite cadenzate nel tempo per aumentare la suspense. Un film deve avere un inizio, una parte centrale e una fine (a meno che non parliamo di cinema sperimentale, naturalmente), deve sfruttare tutti i minuti a sua disposizione per narrare la sua storia e deve farlo attraverso il suo linguaggio, non mimando quello di altri medium. Esattamente come Age of Ultron, anche “Batman V Superman” a tratti sembra dimenticarsi di stare raccontando la sua storia e si fa marchettone pubblicitario di tutto quello che verrà dopo, dei film sulla Justice League, dello stand-alone su Wonder Woman – felice e consistente cameo all’interno del film interpretato da una davvero convincente Gal Gadot – e perde parte della sua forza.

Eppure.

Eppure Batman V Superman ha anche tanti meriti. Prima di tutto le atmosfere. Da thriller, più che da film di supereroi, cupe, intrise di disillusione e cinismo. Le scene in notturna prevalgono su quelle alla luce del sole, che è sempre troppo poca, appena accennata, come se l’intero panorama che fa da sfondo alle vicende fosse intriso di quell’inevitabile decadenza che precede la caduta di un’epoca d’oro, quella in cui si poteva ancora credere al supereroe completamente buono e completamente giusto che alla fine avrebbe trionfato sul super-cattivo e portato così la giustizia, compreso e ben accolto dagli inermi cittadini che richiedono protezione da qualcosa di troppo forte per essere sconfitto dalle loro singole forze.

Eppure Batman V Superman ha un suo cuore pulsante, sotto le imperfezioni, sa anche emozionare, sa proporre un’alternativa al blockbuster patinato e citofonato che è lo standard a cui le saghe Marvel – finora praticamente imperanti al cinema – ci avevano abituato. Perché chi è fan dei fumetti lo sa da anni, che una storia di supereroi può essere metafora per parlare di altro, per mettere in mezzo problemi che con i superpoteri poco ci azzeccano. E se la caratterizzazione spiazza e offende, in alcuni casi, è perché questo film non si occupa di presentare i suoi protagonisti presi nella loro luce migliore ma puntando l’obiettivo sui difetti. E Batman può risultare a dir poco odioso, nella sua divorante sete di vendetta mista alla paura di essere sopravanzato da un supereroe che non è solo virtualmente invincibile ma è anche più giovane di lui. E Superman può risultare ottuso nella sua caparbia bontà, nel suo credere che basti salvare una bambina da un incendio per rendere il mondo migliore, nel suo pensare che basta “fare la cosa giusta” per essere accettato da una specie in fondo “inferiore”, che non sa se adorare la sua forza immensa e quasi divina o temerla e detestarla, perché le ricorda la propria ineliminabile fragilità.

C’è questo Lex Luthor che sembra farsi portatore delle istanze più negative di una certa parte dell’opinione pubblica, determinato a ricondurre razionalmente quella che sembra una divinità al suo posto di creatura fragile e fallibile come tutte le altre che popolano l’universo, un Lex Luthor schizzato ma di una follia lucidissima, che intesse i suoi piani anche e proprio sfruttando l’ondata di emozioni contrastanti che circondano la traumatica venuta del kriptoniano sulla Terra.

Il film è così carico, ricchissimo di una simbologia religiosa molto forte, i rimandi cristologici non si contano in più di una scena, c’è un problema a cui alla fine non si può dare una risposta univoca, un problema che riguarda il ruolo dei supereroi nella nostra società, il nostro modo di guardare a loro, a queste figure mitiche in fondo esistite nella cultura umana fin dall’alba dei tempi: i Salvatori che si fanno carico dei nostri problemi per risolverli, lì dove noi finiamo per sentirci gocce impotenti di un mare troppo grande. Temi spesso sviluppati più nei saggi dedicati al fenomeno del supereroe che nei film al cinema.

E quindi?

E quindi questo film farà storcere il naso ai fan storici, probabilmente, affezionati a una determinata caratterizzazione (anche se è difficile rintracciare caratterizzazioni univoche in personaggi rimaneggiati costantemente nel corso dei decenni da sceneggiatori differenti per rispondere a esigenze narrative molto distanti fra loro). Disturberà chi ormai aveva dato per scontata la formula del film per famiglie a cui ci aveva abituato la Marvel, due ore di battute facili e intrattenimento rapido e sostenuto, fatto di azione pura ma di pochissima introspezione, che racconta un mondo come dovrebbe essere ma non come è davvero nella realtà.

È un film dissacrante, quando non si perde nelle sue troppe sottotrame, un film dall’impianto visivo eccezionale e con interpreti di buon calibro, perché Henry Cavill si riconferma un Superman a suo modo anche adorabile, perché Ben Affleck sorprende nei panni di un Bruce Wayne indurito dalle troppe battaglie, perché Gal Gadot si impegna nel rendere finalmente sul grande schermo una versione di Wonder Woman che sia degna di nota, perché Jesse Eisenberg interpreta degnamente questo Lex Luthor, giovanissimo e quasi jokeriano.

È un film che personalmente ho trovato godibile e poco consolatorio, nel suo messaggio di fondo, e che comunque si sforza di andare oltre l’azione. Ed è una linea che spero di ritrovare nei prossimi film della DC Comics, magari migliorata, al costo di sacrificare qualche “spot pubblicitario” per i film successivi. Una linea che andrebbe percorsa curando non solo gli effetti speciali ma anche la sceneggiatura, perché si faccia più solida e fruibile.

Perché, insomma, i film di supereroi non debbano solo essere spettacolari botte da orbi ma possano anche permettersi di spezzare le convenzioni del genere per raccontare altro.

È pur sempre giusto che lo spettatore possa finalmente scegliere fra l’intrattenimento leggero o il dramma esistenziale, anche quando ha voglia di assistere a un devastante scontro fra supereroi.

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