Ieri sera sono andata a vedere il sequel di “Hotel Transylvania” e ringraziamo tutti per questo i #CinemaDays, che spenderò meno a vedere tre film nel periodo della promozione che a guardarne uno solo a prezzo intero in qualsiasi altra settimana dell’anno.
Attendevo non dico con ansia ma di certo con molta curiosità questo secondo capitolo, essendomi parecchio divertita a guardare il primo film. Se “Inside Out” era un film rivolto più agli adulti che ai bambini, “Hotel Transylvania 2” è il classico film d’animazione per famiglie che ha l’unica pretesa di tenerti compagnia per una serata in modo leggero e senza troppi impegni.
Obiettivo riuscito ma prima di parlare del film in sé, mi voglio togliere qualche sassolino dalla scarpa ed esaurire un attimo l’argomento “cose che non mi sono andate giù”.
Chiunque abbia letto la mia recensione su “Pixar” sa che con quel film ho avuto la sfortuna di conoscere Adam Sandler e di detestarlo cordialmente da quel momento in poi. Ebbene scoprire che è uno dei produttori (nonché doppiatore, nella versione originale, di Dracula) di “Hotel Transylvania” m’ha quasi mandato i pop-corn di traverso. Quasi, perché non sta bene sprecare tanta robina buona. E ha dato ragione di un lato tremendamente antipatico dei film che costui produce (e mi dicono che ne ha prodotti parecchi): il product placement.
Avete presente la pubblicità occulta? Ecco, con la pubblicità palese che più palese non si può Adam Sandler ci tira su i quattrini e gli sponsor per i suoi film. Ed essendo “Hotel Transylvania 2” prodotto dalla Sony, tra le altre cose, tutto il film è diventato occasione di un tremendo marchettone pubblicitario ai suoi smartphone, ai PC della VAIO e via discorrendo, tutti mascherati da “facciamo ridere il pubblico con le gag sceme su Drac che non riesce a usare lo smartphone perché ha le unghie troppo lunghe”.
E le gag facevano ridere, ok, ma era necessario sventolarmi gli Xperia con tanto di marchio “SONY” ben in vista sotto il naso ogni tre per due?! Si tratta esattamente del medesimo, tristanzuolo espediente a cui sono ricorsi in “Pixel”, tra l’altro. Non ci feci molto caso all’epoca ma comincio a temere che pure in “Godzilla” siano accaduti episodi simili. Fatto sta che, se già prima non avevo alcuna intenzione di comprare uno smartphone Sony, adesso sono doppiamente convinta a non farlo. Comprendo la necessità di trovare finanziamenti per fare un film ma qui siamo oltre i limiti della decenza.
Esaurite le inevitabili lamentazioni del caso, passiamo a recensire il resto del film.
“Hotel Transylvania 2” è spassoso, sulla falsariga di film d’animazione come “Shrek” o “Toy Story”, che nei loro sequel si sbrodolano – in senso positivo – travalicando ogni cautela perché sanno di avere un pubblico di affezionati consolidato con cui poter giocare. E seppure si tratta di un film d’animazione classico, cioè pensato e diretto per un pubblico infantile, a ben vedere la sala è piena di adulti, gli stessi adulti a cui è rivolto l’ammiccamento della Sony, quelli in cerca di uno svago o del bambino che è in loro, fate un po’ voi le considerazioni psicologiche che più vi aggradano.
Sì, perché alla fine in sala i grandi ridono parecchio, le gag spaziano dalle più sciocchine a quelle più sottili, fra giochi di parole, rimandi a precedenti famosi (il pipistrello mostruoso, che fa da servo a Vlad, il padre di Dracula, si chiama Bela, in onore di quel Bela Lugosi, che per primo interpretò sul grande schermo il vampiro più famoso della storia) e un continuo ammiccare allo spaesamento dei mostri di fronte a social network, smartphone e diavolerie simili, che un po’ ricorda lo smarrimento di quelli che oggi sono genitori e si trovano a maneggiare un tablet con assai meno destrezza della prole ancora immatura.
I mostri, che nel primo film erano già stati abbondantemente umanizzati, ci vengono presentati ormai privi di qualsiasi patina orrorifica. Sono tutti preda di acciacchi, paranoie, insicurezze e problemi che di sovrannaturale hanno ben poco. Tutto il film, sulla falsariga del primo capitolo, ruota attorno alla medesima, ardua prova per Dracula: accettare, dopo un genero umano, che anche il suo nipotino Denis, sangue del suo stesso sangue, potrebbe essere molto umano e molto poco vampiro.
Inutile dire che la sua insistenza nel volersi aspettare dal nipote qualcosa che potrebbe non avere, piuttosto che accettarlo serenamente per ciò che è, sarà causa di ancora più problemi con sua figlia Mavis – che però si rivela un genitore persino più ansiogeno di Dracula e fa un po’ tanto il verso ai genitori moderni statunitensi, almeno a giudicare dal fatto che le sue paturnie su alimentazione ed educazione del figlio le rivedo riproposte pari pari in ogni film su genitori statunitensi che ho visto negli ultimi cinque-sei anni.
Che dire sulla trama o sul messaggio? In realtà non molto, non perché una trama non ci sia o perché il messaggio non sia presente e di per sé importante (essere umano va bene ma anche essere mostro non è male, di fronte alla considerazione che forse una vera e propria “normalità” non esiste più e nemmeno è mai davvero esistita) ma tutto scolora di fronte alla catena inarrestabile di gag e situazioni al limite dell’assurdo di fronte a cui vengono messi Dracula e il suo gruppo di mostri molto poco terrorizzanti.
Non c’è tempo per riprendere fiato: quando credi che in guai più grossi Dracula e i suoi non potrebbero cacciarsi, BAM!, la sceneggiatura gioca al rialzo e ti mette di fronte a un pasticcio ancora più esagerato del precedente. “Hotel Transylvania 2” esattamente come il primo capitolo ha il pregio di non essere pesante, volgare o eccessivamente moralista. Vuole far ridere e rilassare e, a dirla tutta, ci riesce benissimo, prendendosi anche gioco di un certo filone letterario e filmico che sui vampiri ci ha marciato sopra parecchio negli ultimi anni.
Consigliato? Sicuramente a chi ha amato il primo capitolo e non vede l’ora di tornare in sala a vedere come se la cava nonno Drac con le ninne nanne.