Da qui non vorrete più andarvene
She occasionally found herself thinking about love when staring at the many twinkling spy satellites in the night sky, or when the wind tasted like sour peaches for no understood reason, or when she said a word that seemed different than a word she would ever say. Then she would wonder what it might be like to join her life with someone, or even just a few minutes with someone, just a touch or a glance, just anything, just something. I’d like to meet someone special someday, Jackie thought.
(Welcome to Night Vale | Cap. 11)
Chi ha letto la mia recensione precedente, sa che “Welcome to Night Vale” è una serie in podcast che va avanti dal 2012 con cadenza bisettimanale e racconta – sotto forma di bizzarra trasmissione radio – le vicende di quella che potrebbe essere una qualunque cittadina americana, non foss’altro che a Night Vale accadono le cose più bizzarre e, quel che è ancora più interessante, tutti i suoi abitanti sembrano considerarle perfettamente normali (sì, anche la presenza di minacciose Nuvole Risplendenti, una Polizia Segreta dai metodi piuttosto sbrigativi, inquietanti Vecchie Senza Volto che ti riorganizzano l’armadio mentre tu volti loro le spalle e via discorrendo).
Con all’attivo ormai più di novanta puntate, è stato tempo anche per Joseph Fink e Jeffrey Cranor, creatori della serie, di dare alle stampe un libro. Meravigliosamente, non si è trattata di una pura operazione commerciale. “Welcome to Night Vale” contiene una sua storia ben definita, che può essere gustata anche senza essere in pari con il podcast ma di cui si apprezzano tutti i riferimenti solo conoscendo la serie, e che non si concentra sulla formula del programma radio condotto dall’adorabile speaker Cecil Gershwin Palmer. Questa storia è a tutti gli effetti un romanzo, un romanzo piacevolissimo scritto in uno stile diretto e fiorito insieme, che si fa leggere tutto d’un fiato, e questo già di per sé depone a suo favore.
A story about two women
“Welcome to Night Vale” è in inglese ma chi è abituato alle puntate del podcast non avrà difficoltà a orientarsi in uno stile e un vocabolario che ha già avuto modo di apprezzare ascoltando la voce di Cecil e i suoi resoconti più che bizzarri. È una storia che non ci viene raccontata da lui, però; benché alcuni dei cinquanta capitoli in cui è suddiviso il romanzo intervallino la narrazione con estratti di puntate radiofoniche ascoltate dai protagonisti mentre le loro storie si svolgono.
Anzi, ascoltati dalle protagoniste, perché i due personaggi principali attorno a cui ruota il racconto e di cui veniamo a conoscere vita, morte, miracoli e affanni sono Jackie Fierro – che gestisce il monte dei pegni della città – e Diane Crayton – madre del quindicenne Josh e tesorirea dell’Associazione Genitori-Insegnanti.
Essendo abitanti di Night Vale, i problemi di Jackie e Diane sono – come sempre – a metà fra l’umano e il sovrannaturale. Jackie è una “eterna diciannovenne”, nel vero senso della parola: non riesce a crescere, bloccata in un corpo da teenager, nonostante gestisca da anni il negozio che una volta apparteneva a sua madre, e incapace di ricordare il suo passato. Diane sconta il doppio peccato di essere il frutto di una coppia mista e non sposata e, poi, di essere madre single di un ragazzino un po’ speciale: Josh infatti non mantiene mai lo stesso aspetto per due volte di seguito. Di volta in volta può essere umano, avere le ali, presentarsi sotto forma di libellula o addirittura come stormo di pipistrelli.
I loro destini si incroceranno con quelli dell’Uomo dalla Giacca Marrone (The Man in the Tan Jacket), presenza misteriosa che tutti dimenticano di aver incontrato un attimo dopo che è sparita dal loro campo visivo e che è apparsa più e più volte nei podcast precedenti all’episodio 76. Questo personaggio indefinibile e indefinito sarà in parte la chiave di volta della storia e dei disordini che affliggeranno la distortissima routine di Night Vale, insieme a un inquietante uomo biondo dai molti sosia e una serie di fenicotteri di plastica, che non è consigliabile toccare.
Un viaggio fra inquietudine e crescita
Il più grande merito di una serie come “Welcome to Night Vale” è quello di fondere fantasy, horror e fantascienza a un linguaggio poetico che a me, personalmente, ricorda molto l’approccio di Ray Bradbury alle sue storie. Al romanzo non manca lo stesso stile ricco di metafore eppure lineare del podcast; conserva qualcosa della telecronaca persino in questa forma più tradizionale ma ne conserva solo gli aspetti di semplicità e pulizia, senza scadere mai nell’elenco di azioni stile lista della spesa.
È una storia inquietante, anche, ma è – e qui mi mancano le parole per spiegarmi pienamente – quel genere di inquietudine “buona” che ti immerge in un mondo le cui regole spesso sono l’esatto contrario di quelle a cui siamo abituati oppure non esistono affatto. Certi fenomeni inspiegabili sono così connaturati a Night Vale che li accetti e, anzi, li attendi con una certa urgenza; dall’altro lato le apparizioni mostruose, le situazioni da incubo non mancano e ciò che le rende ancora più spaventose è quel brillante espediente narrativo del “non detto”, che Cranor e Fink hanno sempre saputo usare in maniera intelligente, senza abusarne per cavarsela quando sarebbe stato più semplice che dare una spiegazione sensata alla trama.
I Bibliotecari (The Librarians) hanno appendici tentacolate orride e pericolosissime ma dei loro corpi viene descritto poco o nulla; la videoteca di King City è un luogo che sfida le leggi della fisica, popolato di bestie e incubi di cui puoi ricavare l’esistenza dal rumore che fanno, sempre col fiato sul collo, ma che non vedrai mai pienamente descritti nella storia. La paura, in fondo, è un sentimento scatenato da elementi soggettivi, che variano da persona a persona: l’indefinito aumenta sicuramente questa percezione in chi legge, ognuno di noi immaginerà qualcosa di diverso in quella minaccia che incombe sui protagonisti senza mai palesarsi del tutto.
La stessa tecnica dell’indefinitezza si esplica anche nei riguardi dell’Uomo dalla Giacca Marrone, di cui in questo libro conosceremo genesi, provenienza e motivazioni ma non tutto. E quei (apparentemente) piccoli particolari non mostrati basteranno a lasciare che attorno a lui aleggi un’aria misteriosa che renda la spiegazione soddisfacente, senza far sentire il lettore sminuito perché un mistero che si è protratto per molte puntate del podcast ha finalmente trovato una sua risoluzione.
Insomma, gli espedienti narrativi sono brillanti e l’evoluzione dei personaggi coinvolti pure. Non saranno solo Diane e Jackie a maturare nuove certezze e perdere un po’ di punti fermi, nel corso della loro avventura – a tratti frustrante, a tratti quasi letale. La bellezza di “Welcome to Night Vale” è anche nel suo cast originale, che fa le sue apparizioni non solo nella voce di Cecil, sempre in sottofondo ovunque ci sia una radio a trasmettere la sua voce, ma anche in quella di altri grandi comprimari come il suo fidanzato, lo scienziato Carlos “dai bei capelli”, il sindaco Dana Cardinal e Old Woman Josie.
“Welcome to Night Vale” ti prende per mano e ti porta fuori dagli studi della community radio della città, per farti vivere in prima persona tutto ciò che significa essere un cittadino di un posto strampalato a dir poco, dove alla normale “sopravvivenza urbana” devi aggiungerci anche la capacità di cavartela in mezzo a pericoli inspiegabili e inspiegati, magari pure avallati da una Vaga, Eppur Minacciosa, Agenzia Governativa (A Vague, Yet Menacing, Government Agency) e dalle sue maldestre spie che tutto vedono e tutti controllano.
Ed è un viaggio che rende l’esperienza del podcast ancora più completa e totalizzante, se possibile.
E quindi?
E quindi “Welcome to Night Vale” non è uno spin-off evitabilissimo. Sì, si può continuare ad ascoltare la serie scaricandola gratis su iTunes (o su qualsiasi altro servizio di podcast) ma si perde un pezzo di storia che riguarda la vita comune e incasinatissima degli abitanti di Night Vale. Si perde una bella avventura che ha per protagoniste due donne normalissime: né troppo fighe, né troppo toste, né troppo fragili, raccontate con la stessa naturalezza con cui vengono raccontati i personaggi maschili, senza la necessità di voler “dimostrare di essere femministi a tutti i costi”, rischiando così di creare due donne perfette in cui è difficile riuscire a immedesimarsi anche solo in parte.
“Welcome to Night Vale” è scritto bene, ve lo dico dal punto di vista di una non madrelingua che ha raccolto con la stessa immediatezza metafore, passaggi complessi, spiegazioni fondamentali. Ha un ritmo asciutto, non concitato ma nemmeno estenuante, sa rallentare lì dove il lettore dev’essere costretto a fermarsi e indagare più a fondo nell’animo dei protagonisti; ma sa anche velocizzare il passo lì dove i misteri si infittiscono e le minacce si fanno più attuali.
Non penso di riuscire a trovare un solo difetto di questo libro che è stato un ottimo esperimento, ha mostrato lati nuovi di Night Vale (e pare quasi impossibile dopo novantuno puntate), ha raccontato una storia, l’ha fatto bene, non avrebbe bisogno né di essere accorciato né di essere allungato.
“Welcome to Night Vale” è una serie molto bella e molto particolare, affronta l’horror, la fantascienza e il fantasy con una delicatezza e un’efficacia che non è sempre facile ritrovare in questi generi. Affronta anche i problemi della vita reale, i rapporti fra personaggi non per forza canonicamente eterosessuali, fa una non velata satira a una società reale che è ben più storta di un posto dove persino la pulizia delle strade o la festa di San Valentino possono comportare un bilancio di morti, alla fine della giornata, parecchio alto.
Il romanzo di questa serie è altrettanto bello, inquietante e poetico e lo consiglio anche a chi con l’inglese non ha una completa dimestichezza; prima di tutto perché lo stile – nonostante l’uso di vocaboli che di tanto in tanto richiedono l’uso del dizionario – è pulito e ben comprensibile; e poi perché la storia prende così tanto che anche solo andando a senso, alla prima e più superficiale lettura, si assorbe tanto delle atmosfere particolari di questa cittadina fuori dal comune.
Se mettessi voti a ciò che recensisco in questo blog, “Welcome to Night Vale” sarebbe un bel 10/10 e sign me the fuck up.
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